L’acqua e la pietra: il dubbio e la regola
di Simonetta Ruggeri

La raccolta di liriche di Bianca Madeccia dal titolo “L’acqua
e la pietra” si snoda come organica rappresentazione di emozioni
materiche e fuga trascendente dalle emozioni stesse, nella ricerca di
una traccia panica dell’amore, destinata a dilatare ogni confine
troppo netto.
Una lingua semplice, con richiami all’animismo e a modulazioni
orientali, declina i canoni formali novecenteschi traducendo in immagini
essenziali e suggestive le controverse archeologie dell’anima.
Elementi naturali e una natura primitiva proiettano l’essere in
un iperspazio tutto interiore, alla natura assimilabile per necessità
e composizione. Anche il corpo sembra mutare in corrispondenza della
materia, nel miraggio di un’oasi spirituale che alleggerisca dall’immanenza.
C’è un viaggio da intraprendere e la rivelazione di un
sentiero ideale, costruito da una deambulazione rarefatta e mistica
che ricorda la scansione sonora delle “Trois Gymnopedie”
di Erik Satie. Ma la stasi delle “radici fisse sul secondo”
è necessaria non meno del movimento.
E’ la lotta perenne tra l’immobilismo-sconfitta della pietra
e la dinamicità erosiva dell’acqua, tra forma maschile
e forma femminile, tra un sé che osserva e un sé che si
guarda e raccoglie l’effetto sorprendente della trasformazione.
L’eco di un sentimento primigenio da ri-strutturare, si intreccia
allora con l’esperienza e diviene metamorfosi dell’io, acquisizione
disciplinata di orientamento e consapevolezza. Parallelamente una “mano
invisibile”, forse quella demiurgica dell’artista, forgia
materie prime, materiali grezzi che miracolosamente prendono forma e
dunque vivono.
Le domande che si ripetono restano incagliate nella trappola della quotidianità,
nelle reti-retaggio da cui una voce oracolare tenta di liberarle, di
armonizzarle attraverso riflessioni ontologiche e trascina con sé
un’idea dell’esistenza scandita da un incessante divenire.

L’Acqua e la Pietra, Bianca Madeccia,Edizioni: Lietocolle, 2007,
prezzo 10 euro.